I percorsi della fondazione

MARTINI E LA MISSIONE

In un’intervista di molti anni fa, Carlo Maria Martini confidò che, da gesuita in formazione, aveva dato la propria disponibilità ai superiori a essere inviato in missione. In particolare aveva manifestato una certa attrazione verso il Giappone e la cultura asiatica. Questa rimase solo un’idea, e Martini prese altre strade, prima dedicandosi allo studio della Bibbia, poi servendo la Chiesa come vescovo. Soprattutto durante il suo ministero episcopale a Milano, però, il gesuita si dimostrò molto interessato all’esperienza della missio ad gentes, convinto che questa avesse molto da dire anche alle Chiese del Vecchio continente. In questo percorso alcuni materiali per approfondire il tema (si ringrazia per la collaborazione don Virginio Pontiggia).

INCONTRARE “TUTTE LE GENTI”

All’indomani di uno dei suoi viaggi in “terra di missione”, nel 1989 in India, Martini spiegava:

«Ho scelto all’inizio del mio ministero episcopale di compiere ogni anno un viaggio di carattere missionario, per conoscere le frontiere della Chiesa e dell’evangelizzazione, connesse particolarmente al confronto con le altre grandi religioni. Credo che il ministero del vescovo, certamente legato ad una diocesi determinata, debba tener conto dell’invito di Cristo nel Vangelo, che è universale. Ecco allora la necessità di andare e incontrare “tutte le genti”».

Pune, India, 11 febbraio 1989, Papal Seminary (Archivio Martini)

Non esiste un elenco esaustivo dei viaggi “missionari” compiuti da Carlo Maria Martini durante il suo episcopato a Milano (1980-2002), essendo anche difficile darne una definizione precisa. Virginio Pontiggia, dal 1990 al 1996 segretario dell’arcivescovo, in un appunto preparato per la Fondazione ha elencato i viaggi che hanno compreso anche la predicazione di un Corso di Esercizi spirituali ai missionari e missionarie, religiosi e laici, esercizi che normalmente venivano poi trascritti e pubblicati in un libro.

Camerun, 24 luglio 1988 (Archivio Fotografico ITL)

Elenco dei viaggi realizzati da Carlo Maria Martini per tenere corsi di Esercizi ai missionari, relative pubblicazioni e indicazioni bibliografiche

– Kenya, agosto 1985, «Gesù, perché parlava in parabole»
– Ciad, luglio 1988, «Davide peccatore e credente»
– Perù, febbraio 1990, «Samuele profeta religioso e civile»
– California, agosto 1991, «Due pellegrini per la giustizia»
– Venezuela, agosto 1993, «Geremia: una voce profetica nella città»
– Niger, agosto 1995, «Timoteo: la via del discepolo»
– Isole Mauritius, luglio 1998, «L’utopia alla prova di una comunità. Meditazioni sulla prima Lettera ai Corinti»
– Taiwan, agosto 1999, «La debolezza è la mia forza. Meditazioni sulla seconda Lettera ai Corinti»

Al ritorno a Milano, il cardinale non mancava di raccontare – sulla stampa, durante le sue omelie o in occasione di convegni o interviste – quanto aveva vissuto e imparato nelle sue esperienze missionarie.

Da una parte, questi viaggi erano un imparare dalle Chiese nuove. In una relazione tenuta a Napoli il 22 aprile 1986, diceva: «Le Chiese più antiche possono imparare molte cose dalle Chiese nuove, dal loro dinamismo, dalla vita e dalla testimonianza fino all’effusione del sangue per la fede. Proprio per questo, io ho sentito il bisogno interiore di farmi pellegrino in queste chiese nuove… C’è indubbiamente molto da imparare nel dinamismo e nella vitalità delle nuove Chiese, anche se presentano problemi assai più gravi dei nostri, difficoltà che neppure immaginiamo» («A un anno da Loreto. Relazione al Convegno pastorale di Napoli», Napoli, 22 aprile 1986, in Farsi prossimo nella città, EDB, 1987, p. 204).

Galleria fotografica del primo viaggio missionario, in Zambia nel 1980 (Archivio Fotografico ITL)

Dall’altra parte, queste esperienze stimolavano lui – pastore di una Chiesa del vecchio mondo – a raccogliere una sfida importante, che anche le giovani Chiese avrebbero dovuto sempre più affrontare di fronte a un disordinato ma pur reale progresso economico e secolarizzante: la sfida di mostrare che si può accogliere e proporre il Vangelo di Cristo anche in una società secolarizzata. Il confronto missionario assumeva cioè il sapore di un costante aiuto reciproco: da parte delle Chiese del Sud del mondo l’aiuto a recuperare la vivacità e l’entusiasmo degli inizi; da parte delle Chiese di più antica evangelizzazione, l’aiuto a mostrare che è possibile vivere il Vangelo anche in una situazione di società secolarizzata.

Diceva – sempre a Napoli – nel 1989: «Siamo chiamati, come cristianesimo europeo, a testimoniare come si possono suscitare comunità che vivono secondo il Vangelo in una società secolarizzata e pluralistica (…) Se noi mostreremo l’esistenza di comunità cristiane autentiche, in un ambiente attaccato da ogni parte dall’indifferenza della società dei consumi, avremo compiuto di nuovo un lavoro pionieristico verso i paesi dell’Africa, dell’America e anche dell’India (…)  Questa sfida è un punto che tengo sempre presente nella mia diocesi, perché mi appare come la vera frontiera della nostra scommessa cristiana. Abbiamo urgente bisogno di persone che, avendo fatto un cammino autentico di modernità, essendo entrate nel travaglio critico e autocritico del pensiero moderno, sanno vivere e mostrare, nel nostro contesto europeo, la fondamentalità del Vangelo» («L’ecumenismo e il futuro dell’Europa. Conversazione alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale», Napoli, 9 marzo 1989, in Pace, giustizia, Europa, EDB, 1990, pp. 111-123. Qui accanto il testo dattiloscritto dell’intervento dall’Archivio Martini).

Galleria fotografica del viaggio a Santo Domingo, nel 1992 (Archivio Martini)
Monsignor Gianni Cesena, prima segretario del Cardinale e poi responsabile dell’Ufficio missionario della Diocesi, nell’intervista rilasciata alla Fondazione così riassume il modo in cui Martini concepiva la missione

IL RAPPORTO CON I MISSIONARI

Al termine del suo servizio episcopale a Milano, nel 2002, Carlo Maria Martini scrisse un articolo illuminante sulla rivista Mondo e Missione del Pime, relativo alle sue numerose esperienze in “terra di missione”. Se ne ricavano anche diverse riflessioni su come Martini intendeva la sfida della missionarietà nella Chiesa post-conciliare e nel mondo contemporaneo.

Raccontava tra l’altro: «Con molti missionari e missionarie, anche non milanesi, ho potuto sviluppare un rapporto diretto grazie alla fittissima corrispondenza che ci siamo sempre scambiati. Talvolta si sono presentati con richieste di aiuto; ma nella maggior parte dei casi ciascuno mi proponeva, spesso a partire dalla lettura di qualche mio libro, una testimonianza personale circa la propria vocazione, il desiderio di fedeltà evangelica, il drammatico confronto con le miserie di tanti popoli, l’entusiasmo di stampo giovanile nel perseverare anche dopo anni di lavoro apostolico. Per la ricchezza della fede, per la passione evangelizzatrice e per la carità testimoniata in ogni angolo della terra, ho con tutti loro un debito di gratitudine e riconoscenza, che ogni anno ho cercato di esprimere nell’incontro con i missionari rientrati per le vacanze».

Riflettendo su ciò che sta alla radice della “missio ad gentes”, Martini così proseguiva: «Ho colto in molte esperienze come la missione della Chiesa non possa nascere se non da una preghiera profonda e fiduciosa e da un costante contatto con la Parola di Dio, riletta anche a partire dalle situazioni locali e dalla sensibilità per culture ed esperienze nuove. Grazie ai missionari ho potuto comprendere meglio la “cattolicità” della Chiesa, che non è solo estensione geografica, dialogo culturale, apertura all’altro, ma riconoscimento dell’opera di Dio in ogni cuore umano e desiderio di risvegliare in esso l’ascolto del Maestro interiore».

Meditazione in occasione del Ritiro spirituale dei preti “fidei donum” ambrosiani in Zambia

DUE VIAGGI PARTICOLARI: KENYA E INDIA

Su due viaggi, in particolare, abbiamo impressioni precise lasciateci da Martini: un diario e un’intervista.

Del viaggio in Africa compiuto dal 28 luglio al 22 agosto 1985 esiste un resoconto, quasi un piccolo diario – da Martini appunto chiamato «Piccolo diario africano» (pubblicato in Per una santità di popolo, EDB, pp. 361-377). Invitato a tenere una relazione al Congresso Eucaristico internazionale di Nairobi (Kenya) e a dettare un corso di Esercizi ai missionari di quello Stato, il Cardinale visitò anche alcune missioni dell’allora Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo). Martini incontrò così numerosi sacerdoti, religiosi e religiose, laici della Chiesa di Milano.

Annotava tra l’altro Martini: «Ho anche modo di ascoltare e conoscere molti missionari e missionarie. È bello imparare dalla loro esperienza, che è quella delle “punte di diamante” della Chiesa. È possibile con essi approfondire il discorso sul significato dell’evangelizzazione, su ciò che è specifico della missione, sui motivi per cui la gente chiede il battesimo. Poiché sto stendendo una traccia di catechesi per adulti, le risposte ricevute mi aiutano molto e mi fanno pensare. Cerco anche di farmi dare il materiale catechetico in uso in questi paesi dell’Africa dell’est, in particolare per quanto riguarda il cammino dei catecumeni. Vi sono buone esperienze e riflessioni pedagogiche e teologiche».

Dal 2 al 12 febbraio 1989 Martini si recò in India. Il cardinale era accompagnato dal presidente della Conferenza episcopale brasiliana e arcivescovo di Mariana, dom Luciano Mendes de Almeida, a cui lo legavano una profonda amicizia. Nel corso della visita sono state toccate quattro città: Bombay; Varanasi, la città santa dell’induismo, famosa per i milioni di pellegrini che vengono a pregare e a bagnarsi sulle rive del fiume sacro, il Gange; nei giorni successivi (7-8 febbraio) si è recato a Bangalore; le ultime giornate sono state infine dedicate alla città di Poona per la visita alla locale comunità dei gesuiti, impegnati nella conduzione del seminario e di una facoltà teologica.

Significative – tra le varie – due impressioni che il Cardinale ha riportato da questo viaggio in un’intervista rilasciata a Terra Ambrosiana. La prima sulla profonda spiritualità degli indiani: «Gli indiani, anche quelli semplici incontrati per le strade o nei templi, nei dibattiti o nei viaggi, sembrano sempre interrogarci e interrogarsi: “Come essere in comunione vera con l’umanità? Come giungere a quel grado di preghiera che mi fa sentire nel centro profondo di tutto? Come dominare gli istinti, affinché non turbino la pace interiore?”». In secondo luogo, la convinzione della futura crescente importanza del confronto con il buddhismo: «Nel prossimo millennio il vero confronto (la persuasione non è solo mia) non sarà tra cristianesimo e marxismo, e neppure tra cristianesimo e islamismo, ma tra cristianesimo e buddhismo. L’islam sta cercando di difendersi da tutte le infiltrazioni del metodo storico-critico e di ogni forma di modernità, ma quando tale difesa non sarà più possibile, penso che vivrà una grossa crisi interna. L’induismo è una religione in qualche senso più forte perché affonda molto di più le sue radici nel mistero religioso perenne. Ma è soprattutto il buddhismo, nato dall’induismo, a costituire una forma così raffinata della ricerca della perfezione umana, che probabilmente sarà l’antagonista più impegnativo nel confronto e nel dialogo».

LE VEGLIE MISSIONARIE

Un altro versante dell’impegno di Martini nell’approfondire la dimensione missionaria sono state le annuali veglie missionarie, che si svolgevano sempre in ottobre, in collegamento con la Giornata missionaria mondiale celebrata da tutta la Chiesa.

Nel nostro Archivio sono disponibili gli appunti (autografi o dattiloscritti) oppure, nella maggior parte dei casi, i testi integrali delle omelie tenute dal 1980 al 2001. Per alcune annate sono disponibili anche i materiali preparatori alla Veglia che venivano distribuiti dall’Ufficio missionario diocesano.

Nel caso del 2001, ultimo anno in cui Martini partecipò alla Veglia missionaria ambrosiana, è possibile ascoltare anche l’audio dell’omelia, trasmessa dalla radio diocesana.

Ascolta l’audio dell’omelia per l’ultima Veglia missionaria di Martini, nel 2002

RICORDI E TESTIMONIANZE

Mons. Gianni Cesena è stato segretario personale di Carlo Maria Martini, dal 1986 al 1992, e successivamente responsabile dell’Ufficio diocesano per la pastorale missionaria. In entrambi questi ruoli ha avuto modo di accompagnare il Cardinale in alcuni viaggi nei Paesi del Sud del mondo, ricavandone numerosi ricordi e riflessioni.

Il racconto di mons. Gianni Cesena

Tra i vari ricordi pubblicati dopo la morte di Martini, il 31 agosto 2012, alcuni hanno messo in particolare rilievo la dimensione missionaria del suo ministero. In un articolo uscito su Nigrizia, rivista missionaria dei comboniani, padre Franco Moretti ricordò la visita dell’allora arcivescovo di Milano in Kenya, dove egli era in missione in quel periodo. Moretti rievoca in particolare l’immagine del pendolo usata da Martini per descrivere una tipica difficoltà sperimentata dai missionari. <span class=”testoBlu”>«Forse ho avvertito in voi un rischio – ci disse Martini -, che potrei definire la “sindrome del pendolo”. Vi trovate in situazioni difficili e stili di vita che difficilmente collimano con la morale cristiana, con le leggi della chiesa, con il codice di diritto canonico… Vi ho sentito parlare della bellezza di una nuova comunità cristiana che nasce dalla Parola sentita dalle vostre labbra, dell’entusiasmo iniziale di un gruppo di persone che decidono di tentare l’avventura di credere nel Vangelo, quasi aveste a che fare con una delle comunità cristiane primitive descritte negli Atti degli apostoli. In altri, invece, mi è parso di notare una perdita dello slancio iniziale: troppe le difficoltà contro cui cozzate; (…) In simili frangenti, potresti avvertire il bisogno di tornare alla purezza iniziale, alla radicale serietà della scelta. Forse venite colti da un fastidioso senso di amarezza e desiderate essere di nuovo severi, esigenti, austeri, duri, inclementi, fermi, fiscali, inflessibili. (…) Ma è difficile persistere in questo atteggiamento. Dopo un poco, vi accorgete che la gente non ce la fa a essere perfetta come vorreste. (…) E allora mollate la presa e “dondolate” dall’altra parte: tornate a essere benevoli, bonari, clementi, liberi, se non libertari, pazienti, permissivi… per poi pentirvi, appena notate nuovi tradimenti del Vangelo. Fate come il pendolo: ora tutto da una parte, ora tutto dall’altra»</span>. Martini chiuse gli occhi, fece una lunga pausa di silenzio e poi aggiunse: <span class=”testoBlu”>«Dove penso possa trovarsi quella che definirei una posizione di “equilibrio evangelico”? Non certo a metà strada tra la rigidezza e la permissività. Non credo che valga il detto: il meglio sta nel mezzo. L’unico luogo in cui un apostolo del Vangelo deve situarsi per non ammalarsi della sindrome del pendolo è sul Golgota. Più precisamente sulla Croce. Più precisamente ancora, nel cuore trafitto di Cristo»</span>.

Un altro ricordo “missionario” successivo alla morte di Martini è quello di suor Eugenia Bonetti, anche lei presente in occasione del viaggio in Kenya del 1989. Sulle pagine di Famiglia Cristiana, nel 2012 suor Eugenia, missionaria della Consolata, ricordò tra l’altro che, «confrontandosi con un contesto in cui era ancora molto forte la cultura orale – molto simile a quello che Gesù trovò nella Palestina del suo tempo – (Martini) ci propose di riflettere sul fatto che, forse, più che presentare dogmi di fede e principi di catechismo, sarebbe stato meglio raccontare storie e diventare esperti di una “teologia narrativa”. Questa provocazione ha aiutato noi missionari a riscoprire la Parola proclamata e vissuta nella quotidianità, a contatto con la gente, proprio come aveva fatto Gesù».

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