È stata inaugurata oggi a Milano, nella Galleria della Fondazione Culturale San Fedele, la mostra «Identità. Natura e destino», che raccoglie i lavori dei partecipanti alla 15a edizione del Premio Artivisive, riservato ad artisti under 35. Premio che è andato a Debora Fella.
Nell’occasione è stato annunciato il nome del vincitore del Martini International Award, premio istituito nel 2013 con l’intento di ricordare la figura e l’opera di Carlo Maria Martini e di tenere vivo lo spirito che ha animato il suo impegno. Dalla scorsa edizione il Martini Award, promosso dalla Fondazione Carlo Maria Martini insieme all’Arcidiocesi di Milano, presenta una significativa novità: si svolge infatti nell’ambito delle arti figurative grazie alla collaborazione con il Premio Artivisive della Fondazione Culturale San Fedele.
Il vincitore dell’edizione 2018-2019 è risultato Norberto Spina, con l’opera Senza titolo (quieto vivere). Nato a Torino nel 1995, da più di vent’anni vive a Milano dove nel 2017 si è diplomato in Pittura presso l’Accademia di Brera. Ha già partecipato a diverse mostre collettive e premi, tra cui il premio X Nocivelli, in cui è arrivato secondo nella sezione di pittura, e il premio Arte 2016 a Palazzo Reale, in cui è arrivato tra i finalisti giovani.
A consegnare il Premio è stato mons. Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale dell’Arcidiocesi di Milano. Dopo il suo saluto è intervenuto il Presidente della Fondazione Martini, Carlo Casalone SJ, che ha detto alcune parole sulla connessione tra il tema dell’opera (la precarietà, l’identità fragile, a livello personale e sociale, la sostenibilità) e il pensiero del Cardinal Martini.
La mostra «Identità. Natura e destino» sarà visitabile, con ingresso gratuito, fino all’11 gennaio 2020. Orari: da martedì a venerdì, dalle 16 alle 19, sabato dalle 14 alle 18, al mattino su appuntamento (chiuso i festivi e dal 24 dicembre al 6 gennaio). Maggiori info: www.sanfedele.net
Di seguito il commento all’opera di Spina scritto da Daniele Astrologo Abadal, uno dei curatori della mostra, pubblicato sul catalogo.
Il lavoro pittorico di Norberto Spina non va appeso. L’opera rinuncia alla dimensione sospesa favorita dal chiodo alla parete, per assumere una consistenza fisica e terrena. L’essere appoggiata al muro, a terra su due mattoni scelti dall’artista, conferisce al quadro un senso di precarietà, condizione effimera tipica degli elementi sottoposti all’usura del tempo. La stessa lavorazione della superficie pittorica segue un materialismo improntato sulla stratificazione, ottenuta grattando lo strato di materia accumulato ad arte. In questo approccio esecutivo si riconosce una sensibilità di tipo edilizio nella gestione della materia che si basa sul principio della ciclicità e del recupero: le opere sono in buona parte fatte dei propri scarti, i cosiddetti materiali di risulta che conferiscono una consistenza muraria alla tela. Non sorprende che in fase di scavo essa venga offesa, forata. Una violazione che compromette la tradizionale lettura del quadro come finestra prospettica aperta sul mondo, trasformandolo in un solido connotato di gravitas e cosparso di polvere, un monolito, un brano di muro di cui domina la presenza, il lato cieco. Realtà dai risvolti ambigui quando vi riconosciamo il disegno di una barriera stradale ribaltata, con la “faccia a terra”, stabilendo così uno stretto legame con la precaria mobilità del muro di tela reclinato. Relazione felice tra mondi in apparenza distanti che fanno sintesi in profondità, in nome della sfera urbana, astratta come un muro che lascia emergere un campione rappresentativo della realtà di appartenenza.