Sono numerosi i materiali presenti nel nostro Archivio digitale relativi alla Pasqua: testi e audio delle omelie tenute dal Cardinale Martini in occasione delle celebrazioni del Triduo, fotografie, articoli, ecc. Da alcuni giorni sono stati inseriti anche i documenti relativi all’anno 1999.

Qui proponiamo solo due esempi: l’audio dell’omelia della Veglia pasquale del 21 aprile 1984 (clicca qui per ascoltare) e, di seguito, il testo dell’omelia nella Messa del giorno di Pasqua del 1999 (4 aprile)

 

 

Il Risorto è il cuore di ogni realtà

 

La grande battaglia storica

Nella Pasqua di quest’anno noi prendiamo coscienza, più che in altri anni, della distanza che ci sembra intercorrere tra il grido di gioia pasquale che proclama «Cristo è risorto dai morti, a tutti ha donato la vita» e le notizie dolorose di guerra, di profughi, di fame e di disperazione che ci raggiungono a ogni momento.

Ma proprio per questo, più che in altri anni, sentiamo di aver bisogno di un annuncio che, confrontandosi con la morte, ci dica che la morte non è l’ultimo traguardo dell’esistenza. La risurrezione del Crocifisso ha infatti un significato e una forza che valgono per tutta l’umanità e per il cosmo intero; è come un seme gettato nell’oscurità della terra, che misteriosamente cresce e dà frutto. Con il Risorto è iniziata una grande batta­glia storica tra la vita e la morte, tra speranza e disperazione, tra rassegnazione al peggio e lotta per il meglio, una battaglia che non avrà tregua fino alla sconfitta definitiva di tutte le po­tenze dell’odio e della distruzione.

E noi siamo cristiani perché crediamo che Gesù è risorto da morte, è vivo, è in mezzo a noi, è presente nella storia, è sorgente di vita nuova, primizia della nostra partecipazione alla natura divina e, quindi, garante della dignità umana in ogni occasione e contro ogni evidenza del male.

Giustamente san Gregorio di Nissa, in un’omelia di Pa­squa, affermava: «È apparsa un’altra generazione, un’altra vita, un’altra maniera di vivere, un cambio della nostra stessa natura».

Davvero il Risorto è l’orizzonte necessario di tutto ciò de , siamo e facciamo, il cuore di ogni realtà, il segno di un,i scossa a favore dell’uomo, che non deve fermarsi di fronte a nessun ostacolo.

Le tre letture di questa solennissima domenica di Pasqua che abbiamo ascoltato, ci aprono appunto orizzonti di cui ab: biamo un immenso bisogno. La prima (At 1,1-8) ci dice come fu superata l’amarezza per la morte ingiusta subita da Gesù; la seconda (1Cor 15,3-10) è una confessione di fede da parte di Paolo sul Signore risorto; la terza (Gv 20,11-18) ci ricorda l’incontro di Gesù con Maria di Magdala immersa in un pianto sconsolato.

 

«Parlando del Regno di Dio»

Il testo tratto dal libro degli Atti degli apostoli, racconta che Gesù, dopo la sua passione e morte «si mostrò vivo appa­rendo agli apostoli per 40 giorni e parlando del regno di Dio», del regno del Padre. Ne aveva parlato moltissime volte du­rante la sua vita terrena per lo più attraverso le parabole — il regno di Dio è come un granellino di senapa… come il lievito nella pasta —, a indicare che il Regno inizia con la segreta e mi­steriosa effusione della vita di Dio nel cuore e dal cuore dei credenti.

Ora che è risorto, Gesù riprende il tema spiegando ai suoi come dovranno vivere per annunciare e testimoniare il regno del Padre anche in un mondo segnato dall’odio e dai conflitti.

Poi, in risposta alla domanda degli apostoli sul tempo della ricostruzione del regno di Israele, Gesù risponde che il Padre ha riservato alla sua scelta i tempi e i momenti. È un forte in­vito a fidarci totalmente di quel Padre che, risuscitando Gesù dai morti, ci ha dato la sua vita nel tempo e per l’eternità. I tempi degli uomini sono pieni di ansia e di paura; i tempi di Dio appaiono lenti, ma sono certi e pieni di promesse sincere.

 

Il Padre mio e Padre vostro

Sulla figura di Maria di Magdala, che piange perché non trova il corpo morto del suo Signore e lo cerca con accani­mento dove non può essere, abbiamo riflettuto tante volte.

Maria è ciascuno di noi: di fronte al dolore, alle tragedie delle guerre siamo sfiduciati, scoraggiati, senza speranza, pen­sando specialmente ai più deboli e piangendo per loro; di fatto, piangiamo perché incapaci di vedere i segni del Risorto intorno a noi, perché non vediamo una via d’uscita dalle nostre angosce, dalle nostre inquietudini, dalle nostre disperazioni.

E Gesù si avvicina alla donna con infinita tenerezza: la chiama per nome, ricrea in lei la fede e la speranza, purifica la sua ricerca amorevole. Ma, soprattutto, le rivela che il Padre — cui si era sempre riferito come «mio» — è anche «Padre vo­stro», nostro, e che noi siamo fratelli di Gesù e tra noi: «Va’ dai miei fratelli».

Con la risurrezione di Cristo, la nostra relazione con Dio creatore e Signore è trasformata nella relazione filiale che è propria a Gesù, il Figlio.

Così, risollevata, illuminata, confortata, Maria di Magdala corre ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!».

 

La gioia dell’incontro

Come vorrei che questo grido di gioia sorgiva, scoppiato dal cuore della donna, fosse oggi il grido di tutti noi che stiamo celebrando l’evento della risurrezione, il grido di tutte le no­stre comunità, di tutta la Chiesa, di tutta l’umanità! Come vor­rei che la Pasqua 1999 costituisse per noi un nuovo esodo dalla nostra condizione di fragilità e di peccato verso la condizione di figli che è la nostra vocazione, il nostro destino, la vocazione e il destino di tutti gli uomini! Come vorrei che la nostra fede non si stancasse mai di essere sorpresa, stupefatta, entusiasta e si traducesse in speranza coraggiosa e vibrante!

Il Risorto è presente nella nostra vita ogni volta che ripe­tiamo i suoi gesti, le sue parole, le sue azioni; ogni volta che vi­viamo gli atteggiamenti evangelici. Il Risorto è presente in questa Eucaristia; è nei nostri cuori mossi dalla forza dello Spi­rito. La nostra esistenza quotidiana ha già, nella sua modestia e quasi nella sua insignificanza, i segni della risurrezione.

E il Risorto sostiene anche con la sua grazia gli operatori di giustizia e di pace, tutti coloro che si sforzano di andare al di là delle armi, che si impegnano negli aiuti umanitari e invo­cano con sincerità la pace; tutti coloro che si rendono presenti in tanti luoghi dove permane la guerra, per compiere gesti di solidarietà e di amicizia. Preghiamo quindi, in questa Eucari­stia, affinché tutti abbiano la forza di operare il bene e non siano vinti dalla frustrazione e dalla stanchezza.

Auguro a voi la buona Pasqua come piena rivelazione della nostra condizione di figli di Dio e di fratelli chiamati a portare nel mondo la bontà, la fraternità e la pace del Risorto. Auguro pace a tutti gli abitanti della nostra città, a tutti gli ospiti, ai fratelli e sorelle malati, ai sofferenti, ai poveri, ai car­cerati, agli emarginati, ai profughi e a quanti attendono gesti di amore. Per tutti Gesù è morto sulla croce, per tutti è risusci­tato e a tutti il Padre vuole dare la vita senza fine.

Mi piace concludere con una parola di sant’Agostino, che ci invita, malgrado tutto, a gioire e a cantare, pensando alla fe­licità piena che ci attende:

«O felice l’Alleluia di lassù!
Là loderemo Dio e qua lodiamo Dio;
ma qui negli affanni, là nella sicurezza;
qui nell’attesa della morte,
là nella certezza di vivere sempre;
qui nella speranza, là nella realtà;
qui sulla via, là nella patria.
Or dunque cantiamo, fratelli miei,
non nella dolcezza del riposo ma per alleviare la fatica…
Canta, ma cammina; va avanti nel bene, avanza nella fede,
avanza nella virtù. Canta e cammina». 

Omelia nel giorno di Pasqua
Duomo, 4 aprile 1999

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