È morto il 4 ottobre a Milano, all’età di 96 anni, don Giovanni Barbareschi. Durante la Seconda guerra mondiale ebbe un ruolo di primo piano nella resistenza antifascista. In particolare, dopo l’8 settembre 1943, assieme a Teresio Olivelli, David Maria Turoldo e altri partecipa agli incontri che porteranno alla fondazione de Il Ribelle, il giornale delle Brigate Fiamme Verdi. Collabora tra l’altro nel portare in salvo in Svizzera ebrei, militari alleati e ricercati politici, attività per la quale sarà riconosciuto Giusto tra le Nazioni.
Il 15 agosto 1944, due giorni dopo essere stato ordinato sacerdote dal cardinale Schuster, don Giovanni viene arrestato dalle SS. Liberato grazie alla mediazione dello stesso cardinale si aggrega alle Brigate Fiamme Verdi in Valcamonica e diventa cappellano dei partigiani. Nuovamente arrestato, viene portato nel campo di concentramento di Bolzano, da dove riesce a fuggire prima di essere trasferito in Germania. Dopo il 25 aprile, su incarico del cardinale Schuster, si adopera per evitare rappresaglie contro i vinti.
Nel dopoguerra ritorna all’attività pastorale e all’insegnamento, diventando assistente diocesano della FUCI, e dando vita – insieme ad altri – alla Fondazione Giuseppe Lazzati. Durante l’episcopato di Carlo Maria Martini, accanto ad altri incarichi offre un contributo organizzativo fondamentale per la realizzazione delle Cattedre dei non credenti, dalla IV edizione in avanti. In una intervista per l’Archivio della Fondazione Carlo Maria Martini nel 2015, probabilmente l’ultima rilasciata da don Barbareschi, traccia un profilo molto intenso del Cardinale. Ne riportiamo qui una sintesi (guarda l’intervista integrale).