Noi e l’Islam
Il 6 dicembre 1990 Carlo Maria Martini dedicava il tradizionale discorso alla città della vigilia di sant’Ambrogio ai rapporti con l’Islam.
Il discorso – intitolato Noi e l’Islam –ebbe grande risonanza e a trent’anni di distanza mostra ancora una straordinaria attualità di approccio.
Oggi viene riproposto nel V volume dell’Opera Omnia Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani e musulmani edito da Bompiani, in libreria da poche settimane (pp. 949-954).
Riportiamo qui di seguito il commento al testo martiniano che il curatore del volume Brunetto Salvarani propone nell’Introduzione.
“Tornando all’angolatura specifica del dialogo cristianoislamico, si può affermare che, dopo il lancio, rimasto sostanzialmente isolato, di Nostra aetate (che se ne occupa al n.3, assicurando che “la Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini”) e alcune limitate esperienze – decisamente pionieristiche – nell’immediato postconcilio, Noi e l’islam ne rappresenti l’autentico avvio, su scala (almeno) nazionale. In questo discorso di Sant’Ambrogio il cardinale sceglie di porre in luce, percependolo e presentandolo come caso serio, il tema della nuova presenza musulmana nel nostro Paese, fino a identificare una serie di linee di fondo che potrebbero risultare utili per gestire i rapporti con essa sul piano tanto ecclesiale quanto civile. Vale la pena di ripercorrere con attenzione il filo del ragionamento di Martini, sia per la novità dell’impianto suggerito sia per coglierne la sua immutata attualità. Il testo individua infatti, con sguardo lungimirante, nell’integrazione civile e sociale degli immigrati dalle nazioni della umma la prospettiva cruciale nel quadro della quale occorrerebbe finalizzare ogni impegno, inclusa l’azione del mondo cattolico, espressa nei diversi aspetti di accoglienza caritativa, di dialogo interreligioso e di testimonianza della fede cristiana. L’invito è – beninteso – a mantenere un atteggiamento aperto verso i musulmani, con l’intenzione di rifuggire sia da fenomeni di rifiuto aggressivo sia da stili di relazione caratterizzati da un generalizzato cedimento superficiale. L’autore esorta la propria diocesi, in tal senso, a rifornirsi di un supplemento di cultura per evitare, nel merito, i due possibili rischi del disinteresse e dello zelo disinformato. Il documento, si noti, mette sì in evidenza i lati positivi dell’islam, senza peraltro tacerne quegli aspetti che appaiono ancora – per così dire – problematici; fino a precisare, opportunamente, che il dialogo non sarà mai da considerare come un’alternativa all’annuncio evangelico. Che permane non solo un dovere assoluto per ogni cristiano, ma anche un’istanza derivante dal profondo amore che muove la Chiesa per Cristo e per gli uomini.”(pp. LXVII-LXVIII)