Il 24 marzo del 1980 veniva ucciso, durante la celebrazione della Messa, Óscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, “colpevole” di avere preso le difese dei campesinos contro i crimini commessi dalla dittatura militare nel piccolo Paese centroamericano.
Venerato da molti come un santo in America Latina (e non solo) fin da subito dopo la sua morte, Romero venne invece a lungo visto con sospetto da una parte della gerarchia cattolica. Non fu però il caso di Carlo Maria Martini. Durante il suo ministero episcopale, fece ripetutamente riferimento alla figura di Romero, presentandolo come un esempio, anzitutto per i vescovi.
Nel breve testo del 2005 che riportiamo di seguito, scritto quando già il Cardinale aveva terminato il suo servizio episcopale e si trovava a Gerusalemme, egli arriva anche a perorarne esplicitamente la canonizzazione. Un desiderio divenuto realtà il 14 ottobre 2018 grazie a papa Francesco. La lettera è stata inviata agli organizzatori di un convegno su Romero organizzato a Milano nel 2005 ed è pubblicata nel volume Oscar Romero. Storia, memoria attualità, a cura di Massimo De Giuseppe (EMI 2006).
Romero, martire della giustizia, della verità e della carità
Sono lieto di sapere che si sta organizzando a Milano un convegno dedicato alla figura di monsignor Oscar Romero, a cui parteciperanno studiosi e testimoni italiani e centroamericani. Romero è stato sempre per me un grande ispiratore. Non lo conoscevo personalmente, ma la notizia della sua morte, giuntami nei primi tempi del mio episcopato, mi sembrò come un messaggio dall’alto che mi indicava ciò che ci si attendeva da un vescovo. Fu soprattutto la sua morte all’altare, durante la celebrazione dell’eucaristia, che mi colpì profondamente, segnalando la stretta unità, per il prete e per il vescovo, tra la celebrazione del sacrificio eucaristico e l’offerta della propria vita.
Poi imparai a conoscere meglio monsignor Romero dai suoi scritti e vidi che anch’egli poteva essere chiamato, come il nostro beato Cardinal Ferrari, «un vescovo educato dal suo popolo». Egli infatti era all’inizio piuttosto conservatore e non particolarmente scosso dalla sorte dei poveri. Ma a mano a mano che conosceva l’ambiente sociale e culturale e la situazione del suo paese si apriva alle esigenze della giustizia, fino a diventare quella voce profetica che molti ammiravano e che non pochi temevano. Quando iniziò a capire che il suo comportamento e il suo modo di parlare gli avrebbero creato dei guai e dei pericoli, non si spaventò, ma si affidò a Dio con serenità, continuando a parlare secondo ciò che la coscienza gli diceva. Fu quello il suo migliore momento creativo, quando sentiva che egli stava compiendo una missione importante per il suo popolo e la parola gli fluiva libera e spontanea dalle labbra.
Mi pare quindi che la sua morte sia quella di un martire della giustizia, della verità e della carità, e benché io sia dell’avviso che non bisogna moltiplicare troppo i santi canonizzati, vedrei volentieri la sua eroicità e la sua esemplarità, soprattutto per i vescovi, riconosciute ufficialmente dalla Chiesa.
Gerusalemme, 15 ottobre 2005
+ Carlo Maria card. Martini, s.j.
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